sabato 23 agosto 2025
venerdì 22 agosto 2025
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lunedì 18 agosto 2025
Alfabetismo digitale: cosa (non) ci dice il rapporto AGCOM
La recente relazione di AGCOM sull'alfabetismo digitale ha disegnato un quadro variegato relativamente alla relazione tra gli italiani e il nuovo mondo digitale, lasciandoci un po' perplessi in merito alle conclusioni raggiunte.
La relazione che trovate di seguito teorizza che il 90% degli italiani accede a Internet tutti i giorni, ma pur essendo perennemente collegati alla rete e ai social, secondo l'ultimo rapporto AGCOM sull'alfabetizzazione digitale e mediatica, pere che il "consumatore medio di connessione" sia impreparato ed esposto a rischi telematici a cui non sa come difendersi.
(1) Cosa ci vuol far sapere AGCOM
La relazione, che trovate in calce a questo nostro intervento, evidenzia come i consumatori abbiano una connessione adi internet variegata, ossia non solo attraverso il pc, ma anche (e specialmente) con smartphone, ma anche smart TV ed altri dispositivi di ultima generazione.
Nessuno è escluso da questo mondo digitale, anche se sapere usare un dispositivo non significa saperlo gestire in modo critico e consapevole.
Secondo i dati proposti, solo il 7% degli italiani, ad esempio, ha un buon livello di alfabetizzazione algoritmica, ossia comprende davvero il ruolo che gli algoritmi hanno nel decidere cosa vediamo online. E più sale l'età e minore e maggiore è la percentuale di colo che non hanno nessuna o scarsissima consapevolezza su questi meccanismi.
(2) Disinformazione, odio e fake news: il far west dei contenuti
E' chiaro che il mondo digitale ha ampliato i contenuti proposti ai consumatori, riducendone l'attendibilità sia in merito alla provenienza che al contenuto, chiamando il fruitore ad un'analisi critica più approfondita.
Il dato proposto dalla Relazione è, sotto questo profilo, inequivocabile: il 43,5% degli italiani si imbatte frequentemente in contenuti di disinformazione.
E qui casca l'asino: più della metà della popolazione vede fake news, hate speech, revenge porn, ma solo una minoranza sa come reagire e quali contromisure adottare.
Gran parte di noi, di fronte ad un contenuto falso e offensivo, evita il canale andando oltre.
Nel frattempo, minori e giovani si muovono in questo mare digitale senza bussola: tre su quattro hanno già avuto esperienza di contenuti pericolosi come sfide social estreme, cyberbullismo o contenuti sessuali indesiderati, così come riferisce l'Autorità.
(3) Possiamo fare affidamento sulle istituzioni? Sì, ma…
Il rapporto AGCOM segnala che i cittadini, soprattutto i minori, nutrono ancora fiducia nella scuola e nelle istituzioni per la propria educazione digitale. Bene. Ma poi?
Il 44% degli italiani non si rivolge a nessuno per avere indicazioni su un uso consapevole dei media ed anche il lettore di questo contributo può ben comprendere che il dato è inquietante perché attesta il distacco tra i navigatori della rete e i soggetti pubblici, ossia coloro chiamati a controllare questo non più nuovo mondo.
La verità è che le iniziative, quando ci sono, sono spesso episodiche, scollegate e poco incisive. Si parla di tavoli di coordinamento, deleghe ai Corecom, progetti scolastici… Ma la sensazione concreta, per chi vive la rete tutti i giorni, è che si navighi a vista in un mare digitale senza regole.
(4) Svegliati consumatore: alfabetizzazione digitale è tutela, non accessorio
La verità che la Relazione non rivela è che il consumatore deve comprendere che l'educazione alla navigazione in rete, ossia l'alfabetizzazione digitale non è un fastidioso argomento da blog dei consumatori, ma è un necessario presupposto che consente di accedere ai contenuti digitali in modo corretto e sapendo come ci si può tutelare.
In altri termini, in questi casi vale ancor di più il solito antico modo di dire "sapere è potere".
Il tema dell'alfabetizzazione digitale viene spesso relegato a un problema "educativo", quasi fosse una questione scolastica, ma invero è, prima di tutto, una questione di tutela dei consumatori.
Chi non conosce la rete e gli algoritmi, e il loro funzionamento, è in una posizione di debolezza; chi non riconosce la disinformazione, chi non comprende le dinamiche dei social, è più esposto alle truffe online e agli abusi commerciali; chi non conosce la rete è soggetto al consumo inconsapevole di contenuti illegali o comunque ad un'informazione drogata e manipolata.
Un consumatore informato è un cittadino che meglio si tutela, risultando meno vulnerabile alle insidie telematiche (c.d. cyber risk).
Sotto questo profilo, vanno bene i rapporti annuali e i tavoli con le associazioni, ma per tutelare davvero i consumatori serve ben altro che la relazione non individua in modo accurato.
Noi parliamo di formazione obbligatori nelle scuole con specifiche figure che non siano i docenti, a loro volta ignoranti telematici; campagne informative che spieghino con linguaggio chiaro come difendersi; una politica di pressione sui giganti digitali per rendere gli strumenti di controllo e personalizzazione veramente accessibili e comprensibili; sportelli territoriali, magari nei Comuni o nelle biblioteche, dove i cittadini possano ricevere assistenza digitale di base; una educazione digitale anche rivolta agli adulti e, soprattutto, per gli anziani, la fascia più vulnerabile e più dimenticata.
AGCOM ci consegna numeri che dovrebbero preoccupare tutti, non solo gli addetti ai lavori, ma anche i cittadini, in quanto il digitale non è un optional, è l'ambiente in cui viviamo ogni giorno.
Sotto questo profilo chi vi scrive ritiene che non possiamo permetterci di lasciare milioni di persone inconsapevoli, disinformate e vulnerabili ed è necessario apportare correttivi idonei a prevedere una tutela nei confronti delle categorie più svantaggiate.
Chi tutela i consumatori deve alzare la voce: senza alfabetizzazione digitale, non c'è vera libertà di scelta, né sicurezza. E questo, lo ribadiamo, non è un problema da nerd o smanettoni. È una questione di diritti fondamentali.
Di seguito, la Relazione di AGCOM.
domenica 17 agosto 2025
Cassazione: la notifica dell'atto fiscale deve rispettare la procedura della raccomandata informativa
Anche l'Agenzia delle Entrate Riscossione deve rispettare i limiti previsti dalla legge e seguire la procedura di notifica prevista ex lege.
Questa è la morale che si può desumere dalla lettura dell'ordinanza n. 14089 del 2025, provvedimento oggetto del nostro intervento odierno e mediante il quale la Corte di Cassazione è tornata a dare una risposta in merito alla la validità delle notifiche degli atti impositivi, con particolare riferimento al meccanismo della consegna a persona diversa dal destinatario e al successivo invio della raccomandata informativa, previsto dall’art. 60, comma 1, lett. b-bis, DPR n. 600/1973.
Nel caso di specie, una società aveva proposto ricorso contro una intimazione di pagamento ricevuta dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione, contestando, tra le altre, la nullità delle notifiche per mancata produzione delle raccomandate informative prescritte dalla normativa tributaria.
Occorre premettere che la vicenda oggetto dell'intervento degli Ermellini vede coinvolta una società, ossia una persona giuridica, e il quadro normativo si distingue tra normativa generale civilistica e disciplina speciale tributaria.
Sul versante civilistico, l’art. 145 c.p.c. consente la notifica presso la sede legale o effettiva della società, con consegna dell'atto al rappresentante legale, alla persona incaricata o, in subordine, ad altra persona fisica qualificata, richiamando, ove necessario, le modalità ordinarie degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.
Se, però, si tratta di notifica di atti tributari, la normativa generale cede il passo alle specifiche norme previste in tale materia, ed in particolare l'art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.
La norma in parola ha subito una sostanziale modifica nel 2006 (art. 60, comma 1, lett. b -bis), con la quale è stato previsto un onere aggiuntivo per il perfezionamento della notifica, ove l'atto venga consegnato a soggetti diversi dal destinatario (es. persona di famiglia, addetto alla casa): la notifica deve essere integrata dall'invio della c.d. raccomandata informativa.
Tale adempimento non ha carattere meramente formale o accessorio, ma costituisce elemento strutturale e indefettibile ai fini della validità della notificazione. Non è quindi sufficiente la sola spedizione dell’atto, ma occorre che sia documentalmente provata tanto la spedizione quanto la ricezione della raccomandata informativa da parte del destinatario. In assenza di tale adempimento, la notifica deve considerarsi non perfezionata.
- Cassazione - l'Agenzia delle Entrate deve inviare la raccomandata informativa
La Suprema Corte, con motivazione estremamente dettagliata, ha operato una netta distinzione:
- per le cartelle notificate nel 2004, ha escluso l’obbligo della raccomandata informativa, trattandosi di notifiche antecedenti alla modifica normativa del 2006;
- per gli avvisi di intimazione del 2008, ha ritenuto invece essenziale la produzione della raccomandata informativa, atteso che, in caso di consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario (nel caso di specie, un addetto alla casa), la normativa tributaria vigente già prevedeva tale adempimento a pena di nullità.
La Cassazione ha così cassato la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, rinviando al giudice di merito per verificare se vi sia agli atti valida prova dell’avvenuto invio e ricezione delle raccomandate informative per gli avvisi di intimazione notificati nel 2008.
La decisione ribadisce un principio ormai consolidato, ma spesso trascurato nella prassi: la notificazione fiscale a persona diversa dal destinatario richiede sempre l'invio della raccomandata informativa, la cui omissione determina la nullità della notifica stessa.
Qui di seguito, il provvedimento n. 14089/2025 della Cassazione (Visibile con browser Opera - VPN attivo).
sabato 16 agosto 2025
venerdì 15 agosto 2025
Cibi industriali serviti a ristorante
lunedì 11 agosto 2025
AGCOM, call center e nuovi filtri: è vero cambiamento dal 19 agosto 2025?
Il tema delle chiamate indesiderate è uno degli argomenti più trattati (e letti) in queto blog, anche perché si è sempre cercato di dare una soluzione pratica ad un problema perenne e, fino ad oggi, irrisolto.
Nonostante le normative già in vigore, infatti, i call center aggressivi e le telefonate commerciali moleste hanno continuano a rappresentare una fonte di disagio per milioni di consumatori, i quali sono rimasti vittima delle truffe e del marketing selvaggio.
In questo contesto, l'AGCOM — Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni — ha deciso di intervenire nuovamente, introducendo una misura concreta che entrerà in vigore il 19 agosto 2025, volta a rafforzare i filtri contro le chiamate indesiderate: ma sarà la definitiva soluzione?
(1) La novità: filtri obbligatori contro le chiamate moleste
A partire dal prossimo 19 agosto, gli operatori telefonici saranno obbligati a implementare dei sistemi di filtro automatico per bloccare, in maniera preventiva, le chiamate provenienti da numerazioni che risultano irregolari o che sono state segnalate per attività aggressive o fraudolente.
Si tratta di un provvedimento che punta a colpire in particolare quei call center che operano al di fuori delle regole, spesso utilizzando numerazioni false (il cosiddetto fenomeno dello spoofing) o chiamando senza il consenso dell'utente.
domenica 10 agosto 2025
RTA - come devono essere suddivise le spese di gestione?
- Cosa sono le RTA?
Le residenze turistico alberghiere sono strutture ricettive che uniscono l’aspetto residenziale con quello alberghiero.
Formalmente, sono complessi immobiliari in cui le singole unità (appartamenti, suite, villette) vengono vendute a privati, i quali però non acquisiscono la piena e libera disponibilità gestionale del proprio immobile. La peculiarità delle RTA, infatti, è che la gestione dell’intera struttura – e quindi anche delle singole unità – viene affidata in via esclusiva a una società di gestione alberghiera, che ne cura l’operatività turistica: prenotazioni, accoglienza, servizi comuni, manutenzioni, promozione commerciale, ecc.
Chi acquista un immobile in una RTA accetta sin da subito un vincolo di destinazione: la propria unità dovrà essere inserita stabilmente nel circuito turistico-alberghiero gestito dalla società incaricata. Tale vincolo è spesso previsto negli atti di compravendita e nei regolamenti contrattuali che disciplinano il funzionamento del complesso.
- Il nodo delle spese di gestione
Proprio la particolarità di questa forma di gestione ha dato origine alla controversia decisa dalla Corte d’Appello di Brescia. Nella vicenda, un’usufruttuaria non aveva corrisposto le somme richieste dalla società di gestione per le spese di esercizio. Mentre il Tribunale di primo grado aveva assimilato la ripartizione delle spese a quella di un normale condominio (giungendo a revocare un decreto ingiuntivo), la Corte d’Appello ha invece chiarito che in simili strutture non si applicano le ordinarie norme condominiali.
Infatti, secondo la Corte, i rapporti economici fra i proprietari e la società di gestione sono regolati da un contratto atipico, stipulato al momento dell’acquisto, che definisce le modalità di gestione e ripartizione delle spese. In tale schema, le spese non derivano da delibere condominiali, ma da deliberazioni societarie vincolanti, che disciplinano il funzionamento dell’intero complesso ricettivo.
- Quali conseguenze per i proprietari?
Il principio affermato dalla Corte è di particolare rilevanza per tutti coloro che sono proprietari di un immobile in RTA, in quanto non deve valutare la proprietà secondo i canoni del condominio.
La gestione centralizzata impone ai proprietari l’obbligo di rispettare le decisioni adottate dagli organi societari in tema di bilanci e ripartizione dei costi, con effetti vincolanti simili a quelli di un contratto di mandato.
In caso di mancato pagamento, la società può avviare azioni esecutive senza dover passare attraverso le più complesse procedure condominiali, risultando più agevole il recupero delle spese da parte dell'ente di gestione.
Va evidenziato, inoltre, che eventuali contestazioni sulle delibere devono essere sollevate nei termini previsti dal diritto societario; in mancanza, esse diventano definitive e obbligatorie per tutti i soci-proprietari.
Corte di Appello di Brescia - Sez. II^ sentenza n. 173/2025 (visibile con browser Opera - VPN attivo).